Emergenza climatica: in crescita il fenomeno delle migrazioni “ambientali”

E’ senza dubbio il topic del momento: in tutto il mondo, grazie al clamore mediatico che ha riscosso la giovane attivista Greta Thunberg, si dibatte del tema dell’emergenza ecosistema e delle sue conseguenze a breve e lungo termine.

 Conseguenze che colpirebbero il nostro pianeta non solo a livello ambientale, ma anche in maniera significativa anche a quello umano. Un recente rapporto dell’ONU infatti, indicherebbe gli sconvolgimenti climatici e territoriali come una delle principali cause di migrazione. 

Secondo un report redatto dall’Agenzia Internazionale per lo sviluppo, entro l’anno 2050 il numero di migranti “ambientali” potrebbe sfiorare i 150 milioni, di cui oltre la metà provenienti dall’Africa sub-sahariana, mentre dal continente asiatico è prevista la partenza di 40 milioni di persone. Si stima poi un ulteriore esodo di 17 milioni provenienti dai paesi sudamericani come il Brasile, il cui neo-eletto governo sembra già indirizzato verso politiche poco eco-friendly, prima fra tutte quella di rimuovere i vincoli sullo sfruttamento della foresta amazzonica da parte delle multinazionali.

Le virgolette sulla parola “ambientali” non sono un caso, essendo questa definizione non contemplata nella giurisprudenza che regola la concessione dello stato di rifugiato. Visti i numeri, sembra impellente il bisogno di fornire criteri che possano regolamentare lo status di una categoria di migranti che, se non ci sarà un deciso cambio di rotta nelle politiche ambientali mondiali, potrebbe nel futuro prossimo crescere a dismisura.


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